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L’incerto futuro del Petrolchimico, Baio: “Si avverte l’assenza del governo nazionale”

priolo

“Il ruolo del governo – sostiene Baio – è fondamentale per delineare le tappe e i tempi  della transizione verso sbocchi condivisi dai sindacati e dalle industrie”

Il futuro del Petrolchimico sembra più che mai incerto. Salvo Baio rileva in questo momento l’importanza del ruolo del governo nazionale.

“Di colpo, le nubi si sono addensate sopra il cielo del petrolchimico, annunciando tempi difficili e, forse,  preparandone di peggiori.

Eni Versalis decide di chiudere gli impianti  di etilene a Priolo e  di polietilene a Ragusa, ai quali sono addetti circa 600 lavoratori, altrettanto fanno l’Isab e la Sasol, mentre Sonatrach non da’ risposte sui nuovi investimenti.

Credo che le motivazioni delle industrie abbiano origine diversa: è possibile che  Eni Versalis voglia forzare i tempi della transizione andando oltre la chimica di base, che per l’Isab, e forse anche per Sasol,  il forte aumento del petrolio sia la causa della fermata degli impianti.

Non si può neppure escludere che si voglia richiamare l’attenzione sulle incognite di una transizione non guidata.

I sindacati, temendo il precipitare della situazione, hanno deciso  di mobilitarsi per rivendicare un confronto  chiarificatore sul futuro produttivo e sulla salvaguardia dell’occupazione.

Rispetto allo scorso anno, quando fu varato il decreto del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) e il successivo decreto di bilanciamento dei ministri Urso (Imprese) e Pichetto Fratin (Ambiente), si avverte l’assenza del governo nazionale che si è impelagato in un contenzioso dall’esito incertissimo, impugnando la decisione del Gip di Siracusa di disapplicare il suddetto decreto interministeriale.

In una realtà industriale come quella siracusana il ruolo del governo è fondamentale per delineare le tappe e i tempi  della transizione verso sbocchi condivisi dai sindacati e dalle industrie.

Senza una sponda istituzionale con un saldo orientamento su come guidare il processo di cambiamento del modo di produrre, il rischio di una forte contrapposizione è alto, tanto più se si tiene conto che sulla testa delle industrie pende l’accusa di disastro ambientale.

Potrebbe essere utile un’iniziativa del prefetto per fare il punto della situazione e allertare il governo.

Resta sullo sfondo il caso del depuratore Ias, sul quale si sta procedendo in maniera disordinata, ignorando  i dati reali.

Anzitutto va tenuta distinta la proprietà dell’impianto, che è esclusivamente  della Regione, dalla società mista che gestisce il depuratore nella quale la Regione, in quanto parte pubblica, è socia di maggioranza.

Secondo la legge generale le manutenzioni straordinarie sono a carico del proprietario del bene.

Spetta dunque alla Regione intervenire con proprie risorse per mettere a norma il depuratore. Questo obbligo è peraltro previsto dal citato Dpcm e, in maniera dettagliata, dal successivo decreto Urso/Pichetto Fratin, tant’è vero che il presidente Schifani, oltre ad aver annunciato la disponibilità a  destinare nove milioni per mettere a norma il depuratore, ha nominato per l’attuazione dei necessari interventi di risanamento la commissaria Giovanna Picone.

In questo quadro, qual è l’interesse delle industrie di dotarsi di propri, costosi depuratori se viene posto in essere da parte della Regione un revamping sul proprio depuratore, mettendolo in condizione di depurare i reflui industriali senza effetti inquinanti e cambiandone radicalmente la governance?”

 

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