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CNA Fita sicilia

Dal 2016 trasporto merci pericolose vietato sull’autostrada che collega il Petrolchimico di Augusta

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Chiesta l’immediata riapertura del tratto autostradale ai mezzi che trasportano merci pericolose e il ripristino delle condizioni di sicurezza delle gallerie

“Si può realizzare un‘autostrada che collega il Petrolchimico di Augusta e poi vietare l’accesso ai mezzi che trasportano merci pericolose? In Sicilia si può.

Da quasi un decennio il transito di queste merci sull’autostrada Catania-Siracusa è interdetto, a causa di un divieto imposto dall’Anas nell’aprile del 2016″.

Lo denuncia in una nota la Cna Fita Sicilia.

“La motivazione ufficiale? – si chiede la Cna Fita Sicilia – Il mancato rispetto delle norme di sicurezza europee previste dal regolamento Reti Ten-T, a causa della situazione critica delle gallerie lungo il tratto Augusta-Catania, compromesse da ripetuti furti di rame e materiale elettrico.

Un fatto sconcertante se si considera che l’arteria è stata aperta al traffico nel 2009″.

“Ma l’assurdità non finisce qui – continua la nota – il tratto autostradale, lungo circa 15 chilometri, è di vitale importanza perché serve il polo petrolchimico e il porto di Augusta, dove il trasporto di idrocarburi è una necessità quotidiana.

Invece di intervenire per garantire la sicurezza e il ripristino delle gallerie, l’Anas ha scelto la via più semplice: deviare il traffico sulla Statale 114, sia in direzione Catania che Siracusa, con tempi di consegna più lunghi, traffico aumentato, maggiore inquinamento e un grave danno economico per le imprese di trasporto.

La 114 attraversa zone fortemente urbanizzate, eppure qui il transito delle merci pericolose è consentito, perché la strada non è soggetta alle norme Ue”.

“La Cna Fita Sicilia – conclude la nota – chiede l’immediata riapertura del tratto autostradale ai mezzi che trasportano merci pericolose e il ripristino delle condizioni di sicurezza delle gallerie.

I deputati del territorio, l’assessorato regionale competente, il presidente della Regione e il Ministero delle infrastrutture hanno il dovere di intervenire immediatamente”.

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