Una delegazione della Cgil presenterà una piattaforma di interventi urgenti
Le criticità della sanità pubblica della zona sud della provincia di Siracusa saranno rappresentate a Roma da una folta delegazione aretusea della Cgil che prenderà parte all’iniziativa nazionale del sindacato sul tema “Salute e sicurezza” prevista per sabato 24 giugno a Roma.
La piattaforma stilata dalla Cgil provinciale dopo l’iniziativa del 9 giugno a Pachino, comprende l’avvio effettivo, in tempi certi, del piano di rifunzionalizzazione dell’Ospedale unico Avola-Noto, attivando i posti letto previsti per i reparti di Riabilitazione e Lungodegenza al Trigona.
Poi c’è la richiesta dell’apertura h24 del Pronto Soccorso a Noto, o comunque di un Presidio per l’emergenza-urgenza che possa rispondere in maniera adeguata ai pazienti gravi.
A questo si aggiunge la richiesta di dichiarare il Distretto di Noto come “zona disagiata” e conseguentemente stabilire una indennità specifica per il personale che opera nelle Guardie Mediche e nell’Emergenza territoriale (PTE), per rendere più attrattivo aderire ai bandi per la copertura dei posti carenti.
Quindi viene rivendicata una perequazione dell’offerta specialistica rispetto agli altri Distretti, sia con un aumento delle ore ambulatoriali, sia con una più incisiva committenza verso il privato accreditato, sia aumentando l’offerta resa dal presidio ospedaliero di Avola.
In conclusione viene chiesto l’aumento della presa in carico dei pazienti che necessitano di assistenza domiciliare, nonché l’adeguamento degli organici dei Consultori e dei servizi di salute mentale.
“Le popolazioni di questo comprensorio – dice Roberto Alosi, segretario generale della Cgil di Siracusa – da troppo tempo assistono ad un progressivo depauperamento dell’assistenza sanitaria tale da rasentare una vera e propria negazione del diritto sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione
Inammissibili i vuoti nella copertura del servizio; particolarmente sentita dalla popolazione è la questione legata
alle bibliche liste di attesa per le prestazioni specialistiche.
Per non dire – conclude Alosi – dell’assistenza domiciliare integrata, quantomeno inadeguata”.
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