“Abbiamo già dato mandato al nostro legale – conferma l’uomo – di porre in essere ogni azione necessaria ed urgente per tutelare ogni diritto di mia madre”
“Saranno la magistratura, e lo Stato, ai quali ci siamo rivolti e nei quali abbiamo piena fiducia, a far luce su quanto accaduto, presso una struttura pubblica dove gli operatori non sono messi nelle condizioni di operare correttamente e dove i cittadini – come in questo caso – continuano a non avere certezza di assistenza e di risoluzione dei problemi di salute”.
Questa la controreplica di Salvatore Campisi, figlio dell’anziana al centro di un presunto caso di mala gestione al Pronto soccorso dell’Umberto I di Siracusa che replica con forza alle dichiarazioni del direttore dell’area di emergenza.
“Considerata la pilatesca risposta, veicolata nella giornata odierna, e nell’attesa che l’indagine interna avviata dal Direttore di Presidio produca i necessari riscontri – scrive – mi viene da chiedere come abbia potuto mia madre, immobilizzata, secondo le dichiarazioni del Primario De Grande, sul letto dell’”holding area”, cadere e fratturarsi il femore destro.
Appare verosimile – aggiunge – che la stessa non abbia avuto le sbarre di contenimento al momento della caduta, a meno che non sia scivolata in avanti, circostanza che aggraverebbe ulteriormente il quadro di responsabilità, oggettive e dirette, della stessa struttura sanitaria pubblica.
Se veramente avesse avuto le sbarre – affonda il colpo – sarebbe stato impossibile rovinare per terra e subire la frattura.
Ribadisco – insiste Campisi – che le sbarre di contenimento, come il trasferimento dalla barella al letto, sono circostanze avvenute solo dopo l’evento della caduta, e ricordo al Primario che in quel momento la diagnosi era di polmonite e non di lesione tumorale, come dopo accertato.
Abbiamo già dato mandato al nostro legale – conferma l’uomo – di porre in essere ogni azione necessaria ed urgente per tutelare ogni diritto di mia madre, in ogni sede, facendo ricorso – se necessario – alla responsabilità aziendale e personale di ogni parte coinvolta, anche nel prosieguo della degenza, sul quale mi riservo di rendere pubblici tutti i particolari nelle opportune e deputate sedi.
Prendo atto comunque – conclude – come dichiara la stessa Azienda, che ai familiari – caregiver continua ad essere
negato il diritto all’assistenza delle persone anziane.
Ed è un fatto oltremodo grave, perpetuato in spregio ad ogni regola di buonsenso e di umanità”.
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