Già dal II sec. d.C. la crisi economica dell’impero romano, causata dall’incapacità di estendere ulteriormente i propri confini e dall’aumento esponenziale dei costi della spesa pubblica, soprattutto per l’esercito e la burocrazia, determinò il progressivo espandersi delle invasioni barbariche, divenute nel IV sec. vere e proprie migrazioni di popoli
La Sicilia, come altre aree del meridione d’Italia, sembrò però come approfittare della situazione di crisi nella penisola godendo di una “straordinaria ripresa”, interpretata da alcuni studiosi con lo stretto legame che avrebbe unito queste aree all’approvvigionamento alimentare dell’ancora popolosissima Roma.
In questa fase le testimonianze archeologiche attestano infatti la fondazione di imponenti e fastose villae in cui ritirarsi non solo per dedicarsi allo studio, alla caccia ed altri svaghi, ma anche come veri e propri investimenti dell’aristocrazia senatoria, romana e locale, giustificati dalla forte incidenza del libero commercio.
(L. Cracco Ruggini, Economia e società nell’Italia Annonaria, 1995) L’esempio più noto ed importante di questa modalità insediativa di età tardo imperiale è certamente rappresentato dalla villa del Casale di Piazza Armerina, scoperta nel 1950 e divenuta, nel 1997, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Seppur meno nota di quella del Casale anche la villa romana del Tellaro, posta lungo la strada provinciale 19, che collega Noto a Pachino è dotata tuttavia di bellissimi mosaici che meritano certamente una visita.
Scoperta nel 1971, a seguito di una segnalazione di scavi clandestini, la villa fu oggetto di una ventennale campagna archeologica, condotta da Giuseppe Voza.
Nonostante le difficoltà derivanti dalla pressoché totale sovrapposizione di una masseria ottocentesca alla villa romana e dalle conseguenze di un disastroso incendio che in antico la distrusse, fu portata alla luce una struttura di ben 3000 mq che si sviluppava attorno a un grande peristilio rettangolare circondato da un portico con corsie di diversa larghezza.
Epicentro di un vasto latifondo con grandi risorse agricole, la villa risultò di grande interesse, non solo per l’importanza dei preziosi mosaici, ma anche per il contributo ricavatone per una più approfondita conoscenza dell’assetto socio-economico della Sicilia in età tardo-antica.
Dai frammenti di ceramiche ed anfore rinvenute nel sito, così come dalle monete presenti, la villa fu infatti datata attorno alla metà del IV sec. d. C., datazione confermata poi anche dall’esame stilistico dei mosaici.
Dopo la lunga campagna di scavo e la copertura dei fragili mosaici con strutture in metallo e vetro al fine di garantirne condizioni ottimali di conservazione e una fruizione sostenibile, il sito fu finalmente aperto al pubblico nel 2008.
La pate certamente più interessante del sito riguarda proprio i bellissimi mosaici tra cui il “mosaico del portico” in cui le tessere colorate disegnano un autentico tappeto di corone di alloro che incorniciano medaglioni decorati da motivi geometrici.
Altri medaglioni, di forma ottagonale con i lati concavi, riempiono gli spazi di risulta tra le corone di alloro, creando un motivo continuo dai colori brillanti, le cui variazioni cromatiche sono usate con estrema maestrìa. Il mosaico, che a differenza degli altri, non è stato staccato e riposizionato dopo il restauro, sul lato occidentale conserva ancora delle chiazze di colore scuro derivanti dall’incendio.
Del “mosaico di Ettore” si conserva invece solo l’angolo sud-ovest, perché il resto è stato distrutto dalla costruzione di un ambiente della masseria, demolito per liberare l’ala nord della villa romana.
Una cornice con girali di foglie e fiori, tigre, leopardo e antilope, e una seconda cornice interna con festoni di foglie e fiori e maschere teatrali agli angoli, inquadrano la scena centrale del mosaico.
Le iscrizioni in greco indicano i personaggi. Da sinistra a destra sono rappresentati Ulisse, Diomede e forse la figura dell’araldo Ideo.
Le figure sono disposte intorno ad una bilancia: sul piatto a sinistra è il vasellame in oro per il riscatto, sul piatto a destra è deposto il corpo di Ettore, di cui si scorgono solo i piedi.
La presenza delle maschere teatrali agli angoli della cornice non è casuale: infatti la scena della pesatura del corpo non compare nell’Iliade di Omero, ed è probabile invece che fosse così rappresentata in teatro da Eschilo (nella tragedia perduta intitolata “I Frigi”).
La scelta di una particolare versione del mito testimonia la raffinata cultura, ancora profondamente greca, dei proprietari della villa, come conferma pure l’uso del greco nelle iscrizioni con i nomi dei personaggi rappresentati.
Il “mosaico dei Satiri e delle Menadi” presenta agli angoli quattro grandi crateri da cui partono festoni di foglie, con fiori e frutti, che si uniscono ad arco sopra quattro riquadri rettangolari.
In ogni riquadro sono rappresentati un Satiro e una Menade che danzano tenendo in mano strumenti musicali.
L’immagine al centro (emblema) è andata perduta, ma è probabile che fosse raffigurato proprio il dio Dioniso, alla cui corte appartenevano i Satiri e le Menadi.
Il “mosaico della caccia”, come quello degli ambienti precedenti, è stato staccato, restaurato in laboratorio e riposizionato. È delimitato da una cornice con una rappresentazione di uccelli acquatici alternati a svastiche.
Al centro del mosaico è una figura femminile (interpretata come la personificazione dell’Africa), seduta su una roccia e circondata da alberi, intorno alla quale si svolgono le scene di una battuta di caccia.
Va notata l’estrema vivacità delle azioni rappresentate e il realismo con cui sono rese, nel registro inferiore invece la concitazione delle scene superiori si calma nella rappresentazione del banchetto a conclusione delle fatiche della caccia, con i cavalli ormai legati agli alberi e le prede imbandite sul tavolo.
Il senso del movimento, il realismo, la grande libertà nella distribuzione delle scene, insieme all’uso sapiente del colore sono le caratteristiche peculiari di questo straordinario mosaico.
La villa romana del Tellaro è visitabile da lunedì a sabato dalle 8.30 alle 18.00 e nei festivi dalle 8.30 alle 13.00. Il costo del biglietto è di € 6 (Intero), € 3.00 (Ridotto). Contatti: Tel. 0931-573883 Mail: parco.archeo.siracusa@regione.sicilia.it
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