Entro questo termine, occorrerà in ogni caso assicurare il completo superamento delle criticità riscontrate in sede di sequestro
Giudicata costituzionalmente illegittima la mancata previsione, nel Decreto Priolo, di un termine massimo di 36 mesi di operatività delle misure governative che impongono la prosecuzione di attività produttive di rilievo strategico per l’economia nazionale o la salvaguardia dei livelli occupazionali, nonostante il sequestro degli impianti ordinato dall’autorità giudiziaria.
Lo ha stabilito con al sentenza 105, depositata oggi, la Corte costituzionale: stabilisce che entro i 36 mesi occorrerà in ogni caso assicurare il completo superamento delle criticità riscontrate in sede di sequestro e ripristinare gli ordinari meccanismi autorizzatori previsti dalla legislazione vigente.
Lo riporta l’Ansa.
I giudici hanno esaminato una questione sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa nell’ambito di un procedimento relativo al sequestro degli impianti di depurazione di Priolo, nell’ambito di una più ampia indagine per disastro ambientale, ipotizzato a carico di varie aziende petrolchimiche.
La Corte ha ricordato che la recente riforma costituzionale del 2022 ha attribuito espresso e autonomo rilievo, nel nuovo testo dell’art. 9, alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
Inoltre, la riforma ha esplicitamente chiarito che la tutela della salute e dell’ambiente costituisce un limite alla stessa libertà di iniziativa economica.
Tenendo conto di queste indicazioni, da un lato la Corte ha ritenuto non incompatibile con la Costituzione la previsione della possibilità per il Governo di dettare direttamente, in una situazione di crisi e in via provvisoria, misure conformi alla legislazione vigente, che consentano di assicurare continuità produttiva, contenendo il più possibile i rischi per l’ambiente, la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Dall’altro lato, queste misure – la cui effettiva osservanza dovrà essere costantemente monitorata dalle autorità competenti – dovranno comunque “tendere a realizzare un rapido risanamento della situazione di compromissione ambientale o di potenziale pregiudizio alla salute determinato dall’attività delle aziende sequestrate”, e non invece “a consentirne indefinitamente la prosecuzione attraverso un semplice abbassamento del livello di tutela di tali beni”.
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