Per l’ingresso dello stupefacente e dei cellurari sarebbero stati utilizzati permessi premio da parte dei detenuti e i colloqui con i familiari
Traffico e spaccio di droga nel carcere di Augusta: è quanto scoperto nell’ambito dell’indagine “Alcatraz” condotta da Guardia di finanza e polizia penitenziaria.
L’operazione prevede misure cautelari nei confronti di 11 indagati, in corso di esecuzione in Sicilia, Calabria e Friuli Venezia Giulia. Per 9 è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per 2 i domiciliari.
L’inchiesta è coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania che contesta anche l’accesso a telefonini da parte di detenuti.
Nell’operazione Alcatraz sono impegnate oltre 80 persone, tra militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Catania e del nucleo investigativo di Palermo della Polizia Penitenziaria.
Il provvedimento è stato eseguito con l’ausilio di finanzieri del Servizio centrale investigazione sulla criminalità Organizzata, dei comandi provinciali di Palermo, Ragusa e Udine delle Fiamme gialle e, per la Polizia penitenziaria, con l’ausilio di personale del nucleo investigativo di Padova e di Catanzaro, sotto il coordinamento del Nucleo Investigativo Centrale.
L’indagine trae origine dalle dichiarazioni di alcuni detenuti ristretti nella casa di reclusione di Augusta sulla presunta introduzione di stupefacenti e telefoni cellulari all’interno della struttura carceraria.
Le investigazioni, svolte anche mediante attività tecniche e servizi di pedinamento, osservazione e controllo,
hanno consentito di individuare un’associazione criminale, composta da non meno di 8 soggetti, dedita in particolare
all’approvvigionamento, al trasporto e all’introduzione clandestina dello stupefacente, principalmente hashish,
all’interno dell’ istituto di pena.
Il sodalizio sarebbe stato promosso, organizzato e coordinato dai due detenuti.
Il primo avrebbe impartito dalla struttura carceraria direttive ai propri sodali a piede libero su quantitativi, tipologia, prezzi e modalità di pagamento della droga, coordinando le successive fasi di introduzione clandestina e cessione ad altri detenuti.
Il secondo avrebbe curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente
all’interno dell’ istituto di pena avvalendosi dell’ausilio, a vario titolo, di altre 6 persone.
L’attività sarebbe stata resa possibile dall’utilizzo di telefoni cellulari introdotti illegalmente e dotati di sim intestate a soggetti inesistenti.
Per l’ingresso della droga e dei telefoni cellulari all’interno della struttura carceraria sarebbero state utilizzate due strategie: la fruizione di permessi premio da parte dei detenuti e i colloqui di questi ultimi con i propri familiari.
Nel primo caso il detenuto di rientro nella struttura penitenziaria avrebbe nascosto la sostanza stupefacente sulla persona in modo da superare i controlli.
Nel secondo caso i panetti o i cellulari sarebbero stati occultati all’interno di involucri di patatine, di pannolini per bambini o di bricchi di succhi di frutta, poi gettati in specifici contenitori dell’immondizia all’interno dell’istituto di pena, indicati da uno dei due promotori dell’associazione, che, approfittando della sua mansione di addetto alle pulizie, avrebbe successivamente provveduto al recupero.
La sostanza stupefacente avrebbe alimentato un mercato interno a favore dei “clienti-detenuti” interessati all’acquisto, con tanto di tariffario completo e aggiornato che variava a seconda della qualità della droga e del grado di conoscenza dell’acquirente.
Di norma il prezzo di un panetto di hashish si sarebbe aggirato intorno alle 1.500/2.000 euro e il pagamento sarebbe stato assicurato attraverso accreditamenti su diverse carte Postepay nella disponibilità di madri e compagne dei due organizzatori del sodalizio, addette alla gestione della cassa e alla tenuta della contabilità del denaro incassato e da incassare.
La diversificazione delle carte da ricaricare sarebbe stata finalizzata anche per evitare incongruenze tra l’esiguo Isee dichiarato e il giro di denaro gestito, essendo taluni dei sodali percettori del reddito di cittadinanza.
Nel corso dell’attività d’indagine sono stati eseguiti, in flagranza di reato, 3 arresti per detenzione ai fini della cessione di sostanze stupefacenti e sono stati sequestrati, in più momenti, di 15 panetti di hashish e apparecchi cellulari.
Sono state inoltre individuate specifiche responsabilità a carico degli altri indagati che avrebbero, a vario titolo, preso parte all’attività illecita.
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