Due splendidi arieti in bronzo, risalenti ai primi decenni del III sec. a.C., secondo alcune tradizioni provenienti dalla reggia del tiranno Agatocle, decoravano la facciata di Castel Maniace a Siracusa.
Non sappiamo quando i due bronzi furono apposti a Castel Maniace ma è certo che fossero lì nel 1448 quando la popolazione di Siracusa insorse contro gli ufficiali civici e della camera reginale e “al grido di Viva il re ! incendiò molte case, costringendo i proprietari a fuggire” (G. Agnello, Urbs fidelissima. Il governo di Siracusa durante la Camera reginale, 2011)
Il viceré, Ximénez de Urrea, intervenne prontamente ma lasciò la spinosa questione nelle mani del conte-marchese di Gercaci Giovanni Ventimiglia che, nominato “capitano generale a guerra”, fu dotato di poteri eccezionali. Cosi descrive il Privitera i metodi utilizzati dal Ventimiglia per sedare la rivolta:
“Vedendo che nè con la sola autorità, nè con minacce potea domare la sedizione, si volse all’astuzia: ordì uno di quegl’inganni, che suol trovare la più nera e raffinata perfidia … Incominciò dunque a blandire quelli delle famiglie patrizie, che sapea più infervorati nella rivolta: chiamavali a sè, gli adulava, li festeggiava … Quando alla fine, fatto sicuro di non destar di sè verun sospetto, invitolli tutti, eran da venti, ad allegro convito entro il castello Maniaci. Ma quivi i miseri traditi, … trovarono apparecchiati orridi ceppi, taglienti scure, e crudi manigoldi sbracciati e pronti per trucidarli. Calata la saracinesca, e trattili così in trappola; il proditore fece a tutti, un dopo l’altro, mozzar le teste spietatamente… Divulgatosi per la città l’atrocissimo caso, gli animi stupidirono per terrore; il popolo ammuti; la nobiltà si ritrasse in lutto; la sedizione cessò. (S. Privitera, Storia di Siracusa antica e moderna, Vol. II, 1879)
In premio per questa sua brutale azione la regina Maria donò a Giovanni Ventimiglia proprio i due arieti del Maniace che, dopo essere stati posti nella dimora del conte a Castelbuono, nel 1475 furono utilizzati, dal figlio Antonio, per decorarne il sepolcro.
L’originale esposto al Museo Salinas di Palermo – Foto di Giovanni Dall’Orto, 28 settembre 2006
Quando nel 1485, Enrico IV Ventimiglia, nipote di Giovanni, fu bandito dal regno, il viceré De Spes, che lo aveva particolarmente in odio, non solo gli confiscò ogni bene ma provvide anche a far asportare gli arieti che decoravano il sepolcro di Giovanni Ventimiglia a Castelbuono. Posti dapprima nel palazzo dello Steri a Palermo in seguito furono esposti nel Castello a mare, dove rimasero fino al 1556, finché furono portati a palazzo reale (oggi palazzo dei Normanni).
Durante i moti rivoluzionari del 1848, durante il saccheggio del palazzo, uno degli arieti fu colpito da una cannonata, oppure semplicemente defenestrato, e ridotto in pezzi, venne fuso. L’ariete superstite, restaurato perché anch’esso lievemente danneggiato, nel 1866, per volere di re Vittorio Emanuele II, fu donato al “Real Museo Archeologico” di Palermo.
Secondo Maupassant che lo ammirò nel 1885: “l’ariete di bronzo di Siracusa il migliore pezzo del museo di Palermo (…) sembra contenere tutta l’animalità del mondo. La bestia, possente, è coricata, il corpo ripiegato sulle zampe e la testa voltata a sinistra. Questa testa di animale pare la testa di un dio, un dio bestiale, impuro, superbo. La fronte è larga e ricciuta, gli occhi distanti, il naso arcuato, lungo, forte e schiacciato, di una prodigiosa espressione brutale. Le corna, piegate all’indietro, ricadono, si avvolgono e si incurvano, portando le loro punte aguzze sotto le orecchie sottili somiglianti esse stesse a due corna. E lo sguardo dell’animale vi penetra, attonito, inquietante e duro. Si avverte la natura selvatica quando ci si avvicina a questo bronzo”. (G. de Maupassant, “Viaggio in Sicilia”, 1885)
Nel 2005, nel corso di un nuovo restauro che interessò l’opera furono realizzate, sfruttando una matrice di stampo realizzata nel XIX secolo e ancora vergine, due copie fedeli all’originale. Le due copie, esposte al Castello Maniace di Siracusa, restano in attesa di essere posizionate nella loro collocazione originaria.
Portale d’ingresso di Castello Maniace, lateralmente le due mensole su cui erano posti gli arieti in bronzo
di Marco Monterosso
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