Due braccianti che protestavano, Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, persero la vita sotto i colpi della repressione
Ricorrono oggi 56 anni dai Fatti di Avola, un momento drammatico che ha segnato la storia del nostro territorio e dell’intero Paese.
In quel giorno, due braccianti, Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, persero la vita sotto i colpi della repressione, mentre chiedevano dignità, diritti, e una giusta retribuzione per il loro lavoro.
“Da quella tragedia – commenta il segretario generale provinciale della Cgil, Roberto Alosi – nacque una nuova consapevolezza collettiva, che contribuì all’approvazione dello Statuto dei Lavoratori.
Fu il segnale – prosegue – che i diritti non si ottengono mai per concessione, ma attraverso la lotta, l’unità e il coraggio di chi non si piega davanti alle ingiustizie.
Oggi, a distanza di 56 anni, dobbiamo chiederci cosa quei fatti ci insegnano per il presente. In un contesto di lavoro sempre più precario, dove spesso si tornano a vedere condizioni di sfruttamento – conclude – è nostro dovere raccogliere quell’eredità di lotta e continuare a difendere chi lavora, chi soffre, chi non si rassegna”.
“Consegnare ai giovani la memoria di quei fatti e di quei braccianti siciliani è un preciso dovere – dichiara il Coordinatore Regionale di Sinistra Futura Pippo Zappulla – che, a Chiusa di Carlo alle porte di Avola, persero la vita perché stavano lottando per sacrosanti diritti, per combattere le gabbie salariali, perché allora un bracciante di Avola percepiva un salario diverso da quello di un bracciante di Lentini territorio nella stessa provincia di Siracusa.
Questa celebrazione – aggiunge Zappulla – deve rafforzare la lotta al caporalato e allo sfruttamento selvaggio purtroppo ancora diffuso e presente in molte aree e zone del Paese.
Quei fatti e quelle vittime – conclude – devono consegnarci la consapevolezza che non bisogna mai dare per scontati diritti conquistati anche a prezzo della vita dei lavoratori”.
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