Il blocco produttivo comporterebbe la chiusura delle industrie e la perdita di migliaia di posti di lavoro
Il complicato caso Ias al centro di una nota analitica di Salvo Baio che mette in fila tutti gli attori: magistratura, governo regionale, organi di gestione, politica e sindacati.
“L’ordinanza del gip Palmeri, che fa divieto di conferire i reflui industriali nel depuratore consortile, pende come una spada di Damocle sull’Ias.
Da più parti viene espressa la preoccupazione di un possibile blocco produttivo del Petrolchimico con conseguenze drammatiche sul piano economico e occupazionale.
L’ Ias è al centro di una tempesta giudiziaria chiamata disastro ambientale. Una vicenda complessa che chiama in causa ruoli e responsabilità di soggetti diversi.
-I magistrati-
Nel 2019 la procura della Repubblica pone sotto sequestro, per cattivo funzionamento, l’mpianto di depurazione dell’Ias e da’ alcune prescrizioni per metterlo in regola al fine di evitare effetti inquinanti.
L’impianto viene affidato in custodia cautelare alla stessa Ias per dar modo al suo management di progettare gli interventi necessari per rimuovere a monte le cause dell’inquinamento ambientale.
Viene redatto un progetto di ristrutturazione dal costo di 10/12 milioni, forse anche di più, che però non viene messo a gara perchè le banche non concedono alle industrie i finanziamenti data la precarietà della convenzione tra Irsap (Istituto regionale per le attività produttive che accorpa le competenze dei disciolti consorzi Asi) e i gestori dell’Ias.
Le industrie dichiarano di essere disponibili ad accollarsi il costo delle manutenzioni straordinarie, ma chiedono giustamente assicurazioni sulla durata della convenzione per ammortizzare i costi. Resta il fatto che le prescrizioni dei magistrati, a distanza di tre anni, non sono state eseguite.
Nei mesi scorsi, sulla base delle risultanze dei propri consulenti tecnici, i magistrati hanno contestato a vari soggetti il reato di disastro ambientale, limitando il conferimento nell’impianto di depurazione ai soli reflui civili, ed escludendo tassativamente i reflui industriali.
L’amministratore giudiziario, anzichè attenersi scrupolosamente all’ordinanza del gip, ha consentito il trattamento anche dei reflui industriali, per cui il Gip lo ha sostituito con un altro amministratore giudiziario.
Il segnale che i magistrati hanno mandato è chiarissimo: l’ordinanza va applicata e non interpretata.
Restando così le cose, le industrie non possono più conferire reflui nell’impianto dell’Ias, con tutte le conseguenze che questo divieto potrà comportare.
E’ bene ricordare che i magistrati sono obbligati a perseguire reati e che i responsabili della crisi dell’Ias non vanno cercati nel tribunale di Siracusa.
-La Regione Siciliana-
I governi regionali, che da dieci/quindici anni si sono succeduti, non sono intevenuti per mettere a norma gli impianti dell’Ias, a partire dalla copertura delle vasche.
La Regione, a mio avviso, aveva, ed ha, il dovere di farlo, essendo proprietaria, prima con l’Asi e poi con l’Irsap, dello stabilimento.
Va ricordato che agli inizi del 2019 , l’Irsap indisse una gara per la concessione del depuratore Ias ai privati, gara andata deserta.
Fin qui non c’è stata un’azione forte da parte dei deputati regionali, dei sindacati, per costringere la Regione ad intervenire.
Di più, solo recentemente, dunque con anni e anni di ritardo, la Regione ha rilasciato l’Aia (autorizzazione integrata ambientale) della cui mancanza si fa cenno nell’ordinanza del gip.
Le prescrizioni (tra cui un impianto di pretrattamento) contenute nelle circa cento pagine dell’Aia (al momento sospesa dal Tar) farebbero lievitare notevolmente i costi degli adeguamenti strutturali.
-Gli organi di gestione dell’Ias-
Dovrebbero spiegare il clamoroso flop dell’impianto di deodorizzazione, che avrebbe dovuto abbattere i miasmi industriali e che non è mai entrato in funzione per gravi carenze progettuali, come risulta da una consulenza affidata ad un’università del nord e trasmessa alla Procura dall’ex presidente del CdA dell’Ias, Sara Battiato.
Erano tutti convinti che i parametri produttivi e ambientali fossero rispettati?
-La politica-
O meglio i suoi rapprentanti all’Ars hanno giochicchiato con l’Ias, non avendo chiara la gravità dell’impatto ambientale.
Doveva venire da loro una pressione tale da costringere la Regione ad intervenire seriamente, invece si sono limitati a rilasciare generiche dichiarazioni sul rischio di blocco produttivo, senza dare battaglia a Palermo e senza proporre soluzioni.
Aggiungo che il presidente Musumeci ha polemizzato duramente col governo Draghi per non aver esitato positivamente la richiesta di riconoscimento dell’area industriale siracusana come area di crisi industriale complessa.
La politica ha fatto le nomine nel CdA, a prescindere, con qualche eccezione, dalla competenza.
-I sindacati-
Inutile dire che la possibilità che da un giorno all’altro possa determinarsi il blocco produttivo con conseguente chiusura di industrie e perdita di migliaia di posti di lavoro fa tremare le vene e i polsi”.
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