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Il Castelluccio dei Monti Climiti

di Marco Monterosso
Castelluccio

Su uno sperone roccioso del versante sud-occidentale dei monti Climiti si trovano i resti meglio conservati di uno dei numerosi castelli edificati in Sicilia nel basso medioevo

Resti che, a lungo considerati di età bizantina, sono stati opportunamente datati al XIV secolo da Giuseppe Cacciaguerra, in un suo studio del 2012.

Le notizie documentali giunte sino a noi sul castello e sul territorio di Climiti sono molto scarne tuttavia sappiamo che nel 1335 il tenimento di terre detto “Clunato”, assieme a quello detto del “Prato”, appartenevano a Pandolfino Selvaggio che vi ricavava 40 onze di reddito.

Nel 1363, per la morte di Pandolfino e dei suoi eredi, tali beni ritornarono in potere della corona poiché, in quello stesso anno, il tenimento di Prato fu assegnato ad una “domicella” della regina Costanza.

La prima attestazione documentale del castello risale invece solo al 1393 quando il duca di Mont Blanc, ordinando la demolizione del castello di Belvedere, disponeva il potenziamento dei castelli di Cassibile e “del Monte” considerati invece d’importanza strategica.

Il duca incaricò dei lavori e della vigilanza del castello il conte di Augusta e maestro giustiziere del regno, Guglielmo Raimondo (III) Moncada che l’anno successivo, probabilmente per aver adempiuto a proprie spese, ottenne di poter aggregare alla sua contea il “feudum et castro mons Climatum”.

Il Castelluccio dei Monti Climiti

Il dominio del potentissimo conte di Augusta sul castello fu però di breve durata poiché già nel 1397, dichiarato ribelle, subì la confisca dei suoi beni.

L’anno successivo Martino concesse il feudo al catanese Corrado Castelli il quale, ancora nel 1408, risulta iscritto tra i feudatari del regno quale possessore del feudo di “Montis Climati”.

Il castello risulta poi citato nelle investiture dei feudatari che si succedettero fino a tutto il XV secolo finché della sua presenza non si fa più menzione, perché probabilmente già abbandonato.

I resti ancora visibili del castello comprendono una vasta porzione della cinta muraria del versante nord e sullo stesso lato un torrione circolare di circa 5 mt di diametro, oggi fortemente danneggiato.

La parte muraria del lato meridionale risulta invece praticamente assente probabilmente franata a causa di uno dei numerosi terremoti che interessarono l’area.  All’esterno della cinta muraria, alle pendici del promontorio su cui insiste il castello è presente anche un oratorio rupestre a cui si accede attraverso un ingresso ad arco

Il Castelluccio dei Monti Climiti

All’interno del piccolo ambiente sono rilevabili due basse panchine scavate nella roccia e, sul lato sinistro dell’area presbiteriale, le tracce dell’unico pannello dipinto oggi superstite. Sul versante meridionale del complesso è presente un complesso di abitazioni rupestri, che potrebbero essere state utilizzate anche precedentemente la costruzione del castello, ma che non è possibile datare con certezza.

Il Castelluccio dei Monti Climiti

Se la datazione al XIV secolo di gran parte dei castelli presenti nel nostro territorio è un dato ormai diffusamente accettato, anche perché supportato da testimonianze documentali, tecniche costruttive e reperti rinvenuti, resta ancora non definitivamente risolta la questione relativa alla loro committenza e al loro “uso residenziale”.

Trova ancora riscontro infatti l’ipotesi che tali strutture furono realizzate, nella fase della cosiddetta anarchia feudale, dai maggiori esponenti del ceto aristocratico locale come “manifestazione del loro potere e per proteggere i territori da loro posseduti”.

In realtà la documentazione superstite dimostra esattamente il contrario evidenziando in maniera chiara, anche nelle fasi in cui il potere sovrano appare indubbiamente indebolito, lo stretto controllo che i monarchi esercitarono sulla loro costruzione e sul loro uso a fini bellici.

La gran parte dei castelli realizzati lungo il corso del burrascoso Trecento furono infatti realizzati su iniziativa sovrana e anche quando costruiti all’interno di territori feudali, come nel caso dei castelli di Belvedere e Cassibile, il re nominava propri castellani che, assieme ai componenti della guarnigione, ricevevano un salario da parte della corona.

Anche nel caso della costruzione del forte Casanova a Siracusa, realizzato a metà Trecento da un personaggio del calibro di Giacomo Alagona, capitano della città e strettissimo collaboratore di Federico IV, il sovrano nominò un proprio castellano.

Lo stesso può dirsi per il Castelluccio di Noto, per la motta di San Calogero e in generale per la quasi totalità dei castelli realizzati in quel periodo. Appare fuorviante dunque la definizione di “castelli feudali” poiché in realtà non furono mai tali, se non dopo aver perso la loro funzione militare ed esser stati di fatto abbandonati.

Il Castelluccio dei Monti Climiti

Le loro dimensioni e la dotazione di armati di cui disponevano escludono inoltre che potessero svolgere funzioni residenziali in quanto sappiamo che non vi abitava nemmeno il castellano incaricato della sua custodia. Non si trattava infatti di strutture in grado di garantire particolari condizioni difensive ad oltranza svolgendo piuttosto la funzione di avamposti fortificati lungo le principali vie di comunicazione, in grado tutto al più di ritardare eventuali attaccanti diretti al centro cittadino principale, nel cui territorio ricadevano.

Foto di Angelo Magnano©

FONTI

– A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), in “Mediterranea – Ricerche storiche”, 2006.

– G. Cacciaguerra, Il Castelluccio di Climiti e la questione dell’incastellamento nell’area iblea orientale, in

  “Atti del VI Congresso Naz. di Archeologia Medievale”, 2012.

– F. Maurici, Castelli medievali in Sicilia, Regione Siciliana, 2015.

– N. Monterosso, Prime ipotesi su un “castello” medievale a Belvedere, in “Dialoghi Mediterrane

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