Alla fine dell’ottocento il toponimo Cuba, con cui era indicata una torre anticorsara presente verso l’entroterra, a circa 2 km dal porticciolo di Ognina, indusse Paolo Orsi a svolgervi due saggi di scavo i cui risultati, già pubblicati nel 1899, furono ampiamente riportati nel 1942.
“Nulla di ragguardevole presenta la torre circolare, oggi trasformata in abitazione signorile, ma il solo nome di Cuba erami indizio non sospetto di maggiore antichità, avendo notato che nella regione siracusana si indicano con tale nome le costruzioni a volta, o meglio a cupola.
Non è quindi a dire quale e quanta sia stata la mia sorpresa, nello scoprire che la torre era impostata nientemeno che sopra una magnifica cupola bizantina, la quale colle sue solidissime pareti perimetrali sosteneva l’immane pondo (peso) della soprastante costruzione.
La chiesa è sotterranea, e nel suo stato attuale d’interramento … non ha subito nessuna modificazione che quello che era in antico. La chiesa ha forma semplice e chiara; una croce greca sormontata da cupola depressa, con tre grandi absidi, ed un atrio che la precede; ma perché essa, costruita in aperta campagna, ed in solidissimo terreno, sia stata quasi sotterranea, è un problema che mi son fatto, senza saperne dare adeguata spiegazione.
I costruttori dovettero aprire un grande cavo, o latomia, nel quale innestarono la fabbrica, rivestendo di muratura la elevazione delle pareti perimetrali, mentre il piede non meno che il pavimento della chiesa rimase di viva roccia… Ciò che non si sa, è se essa servisse ad un grosso abitato o se fosse una chiesa isolata, in mezzo alla campagna; mi si assicura che il grande cortile della fattoria nel cui mezzo essa sorge sia pieno di avanzi di fabbricati, alcuni dei quali io constatai «de visu» nel limitrofo giardino, e contenevano ancora una quantità di dolia (contenitori in terracotta usati per la conservazione di derrate alimentari) colossali fatti a pezzi.
Era dunque un magazzino di campagna, la cui età mi sembra di qualche secolo anteriore ai tempi bizantini. Né le agiografie, né gli scarsi documenti storici riferibili ai primi secoli del medioevo ci recano alcun sussidio circa il nome della chiesa e del borgo, che sorgeva alla Cuba, la quale in tanto silenzio, resta documento insigne di quella architettura bizantina, di cui ogni ricordo fu cancellato anche nelle maggiori città”.
(P. Orsi, Sicilia bizantina, 1942).
Secondo Giuseppe Agnello la costruzione della torre era databile invece tra la fine del XVI secolo e l‘inizio del XVII “quando apparve più intenso e preoccupante il pericolo delle aggressioni corsare”.
“La torre comprendeva – almeno nelle condizioni in cui fu dato di vederla – oltre al pianterreno, due piani superiori, i quali, nell‘Ottocento, furono trasformati in abitazioni civili.
Al di sopra della cornice correva una successione di ampie finestre arcuate, di gusto moderno, in origine forse destinate ad essere trasformate in balconi.
Moderna era pure la teoria di archetti che frangiavano, a mò di beccatelli, la cornice di coronamento, sormontata da piccoli merli.
Ai fini di un più utile sfruttamento ambientale, era stata, in parte, soppressa la scala interna, e l‘accesso era reso agevole da una rampa che si arrestava di fronte ad un ambiente moderno addossato alla torre”.
(G. Agnello, Le torri costiere di Siracusa nella lotta anticorsara, 1971)
Nel rivelo rusticano del 1811 le terre su cui era presente la torre, estese 111 salme (circa 310 ettari), risultavano di proprietà del conte Danieli e Landolina ed erano confinanti con i possedimenti dei Lanza, del marchese Casale, e dei nobili La Ferla. Le terre intorno alla torre, ai primi del secolo scorso, comprendevano anche “case di masserie, pennata e mandre”.
(A. Lippi Guidi, Masserie e vecchi manieri nel siracusano, 1990) In data imprecisata la torre, insieme al terreno ed ai caseggiati limitrofi che risalgono al 1882, come è leggibile nella chiave di volta di un portale, fu acquistata dalla famiglia Vinci.
Il 20 febbraio 1956, verso le ore 23, l‘ultimo piano della torre crollò parzialmente sfondando con le macerie il piano di copertura del nartece della chiesa bizantina.
Da fonte orale riferita dai proprietari della torre si apprende, inoltre, che l‘edificio prima del crollo era fortemente lesionato in quanto nel secondo dopoguerra gli alleati trasformarono i campi limitrofi alla torre in aeroporto militare. Successivamente al crollo fu ricostruito il solaio del nartece con putrelle in ferro e tavelloni di laterizio. (Catalogo generale dei BB.CC. scheda 261126)
Foto e planimetrie tratte da:
A. Lippi Guidi, Masserie e vecchi manieri nel siracusano, 1990
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