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L’area archeologica di San Basilio ovvero… “l’isola che non c’è”

di Marco Monterosso
san basilio

L’area si presenta infatti in completo stato di abbandono, infestata dalla vegetazione e sprovvista di qualunque indicazione

L’area archeologica di San Basilio si trova in territorio di Lentini, a nord dalla cittadina di Scordia (CT) ed è uno dei siti “curati” dal parco di Leontinoi.

L’area non è aperta al pubblico ma, secondo quanto riportato sul sito del parco, visitabile su prenotazione. Chiamando il numero dedicato tuttavia la risposta è: “al momento le visite sono sospese”.

In realtà San Basilio non è ancora, e forse non è mai stata, un’area archeologica intesa come luogo atto a “preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e promuovere lo sviluppo della cultura” (Cod. BB.CC., art.1, c.2) quanto piuttosto, citando Bennato, un “isola che non c’è”.

L’area si presenta infatti in completo stato di abbandono, infestata dalla vegetazione e sprovvista di qualunque indicazione sia per poterla raggiungere sia per poter essere fruita, con cognizione di causa, da appassionati e turisti.

Il sito è noto tuttavia, sin dalla metà del Settecento, soprattutto per i resti di un imponente struttura scavata nella roccia, presente sulla parte sommitale del colle.

Dotato di 30 pilastri e ampio 18 metri x 16, l’edificio è citato da Vito Amico (1757), che ne riconosce una “basilica”, dal principe di Biscari (1781) che la identifica come una “capacissima conserva d’acqua” e dal viaggiatore francese Jean Houel (1785) che per primo la riprodusse in un disegno.

Nel 1861 l’erudito locale Mario De Mauro, oltre ad illustrare con dovizia di particolari l’edificio, che definisce “bagno”, avanza per primo l’ipotesi che il sito vada indentificato come l’antica fortezza di Brikinnia, citata da Tucidide nel suo “La guerra del Peloponneso”.

Successivamente Paolo Orsi, a seguito di diversi sopralluoghi e alcuni saggi di scavo, identificò “i resti di una cinta muraria del VI-V sec. a.C., una piccola necropoli sicula e numerose installazioni medioevali in roccia”.

Tra il 1922 e il 1924 le prime vere campagne di scavi consentirono, allo stesso Orsi, di riportare alla luce una ulteriore necropoli sicula e la tomba di guerriero, che volle fosse definita “del duce ignoto”.

Il ricco corredo della sepoltura, tra cui una bellissima armatura bronzea e un’anfora a figure rosse, è oggi esposto al museo archeologico di Siracusa. (P. Orsi, Insigne scoperta a Monte Casale presso Scordia. Il sepolcreto del Duce ignoto, in “Aretusa”, VII, 4, 1922)

L’area archeologica di San Basilio ovvero... “l’isola che non c’è”

Le indagini, dirette da Sebastiana Lagona dell’istituto di Archeologia dell’Università di Catania nel 1980, oltre a confermare l’esistenza delle fasi individuate dall’Orsi, ha portato alla scoperta di altre costruzioni.

Tra queste l’individuazione di un ulteriore tratto della cinta muraria, un santuarietto rupestre e una capanna preistorica.

Un altro interessante rinvenimento fu effettuato sul pendio orientale del colle, in cui vennero alla luce “due complessi abitativi medioevali, costruiti adattando muri in pietra a grotte scavate nella roccia.

I materiali recuperati hanno confermato la cronologia dell’abitato ai secoli XII-XIII”.

L’area archeologica di San Basilio ovvero... “l’isola che non c’è”

I reperti rinvenuti confermano che il colle S. Basilio fu certamente abitato prima della fondazione di Leontini divenendo, alla fine dell’età arcaica, una roccaforte della citta a difesa della strada che collegava la piana di Catania con Siracusa e con i campi geloi.

Alla fine dell’età ellenistica visse una lunga fase di abbandono finché, durante il Medioevo, fu di nuovo intensamente abitato. (S. Lagona, I resti di un centro antico a Monte San Basilio, nei Campi Leontini, in “Agora”, nr 5, Vol. II, 2001)

Se le varie fasi di frequentazione del sito sono abbastanza documentate e trovano concorde conferma da parte degli studiosi, resta ancora controversa l’identificazione di San Basilio con la fortezza di Brikinnia.

Tale ipotesi, derivante esclusivamente da alcuni passi dell’opera di Tucidide, costringe infatti ad ignorare la tradizione locale che colloca il toponimo nei pressi del ”Castellaccio” di Lentini a cui si accede proprio da una via denominata ”Bricinnia”.

L’area archeologica di San Basilio ovvero... “l’isola che non c’è”

Ulteriore elemento di difficoltà interpretativa deriva dall’uso dell’edificio colonnato presente sulla sommità del colle. L’ipotesi che fosse destinato a “cisterna” sembra inverosimile sia per la presenza di notevoli opere di canalizzazione sul versante occidentale del rilievo sia per la presenza in sito di escavazioni chiaramente destinate allo scopo e, ancora oggi, dotate di acqua perenne.

Plausibile ma certamente da approfondire l’ipotesi che l’edificio potesse essere in qualche modo connesso ad un “santuario federale dedicato al culto degli eroi”. Secondo questa ipotesi l’edificio, anche per le sue caratteristiche costruttive, sarebbe stato destinato ad accogliere le ricche offerte votive dei fedeli. (G. Mannoia, Brikinnia, https://youtu.be/es2Zpfl7bS0)

Per quanto riguarda l’uso dell’edificio come luogo di culto, testimoniato dalle tracce di affreschi su alcune colonne e dalla presenza di una area che potrebbe essere stata destinata a presbiterio, diversi studiosi propendono per una sua riconversione in età bizantina.

Tale datazione, nonostante gli scarsi reperti di quel periodo, si basa sulla concomitante diffusione in Sicilia delle prime comunità monastiche basiliane.

Tuttavia appare ormai accertato che la rioccupazione dei siti rupestri fu un fenomeno peculiare della fase araba e che questi godettero di una particolare fioritura durante il regno dei primi sovrani normanni.

Da parte mia ritengo che tale uso vada cosi posticipato ad un periodo non antecedente al XII secolo quando le modalità insediative di tipo rupestre riemergono prepotentemente e il feudo “S. Basilii de Flumine Frigido in territorio Leontini”, nel 1137, è concesso da re Ruggero all’Archimandrita basiliano del SS. Salvatore (I. Peri, Signorie feudali della Sicilia normanna, in “Arch. Storico Italiano”, vol. 110, nr. 2, 1952).

Foto: di Angelo Magnano©

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