Grazie ai lavori di recupero svolti dai volontari dell’associazione “Natura Sicula”, in sinergia con l’Amministrazione comunale di Palazzolo Acreide, sono state recentemente recuperate dall’oblio, in cui erano cadute per oltre un cinquantennio, le concerie di contrada Fontanasecca
Il progetto di recupero, iniziato nel 2017 e presentato nel 2021, ha interessato una decina di ambienti rupestri, di varie forme e dimensioni, con vasche circolari, quadrate e rettangolari, talvolta comunicanti tra loro.
Probabilmente impiantate in età medievale, su un precedente complesso funerario risalente al periodo Tardo Antico, le concerie di Palazzolo sono state attive fino alla seconda metà dell’Ottocento.
Il lavoro di conciapelli è certamente antichissimo tuttavia, da quando svolto in ambito comunitario, non godeva di grande considerazione sociale essendo considerata un’attività “impura”.
Avendo infatti frequentazioni dirette con il “putrescente” il lavoro del conciapelli subiva una forte discriminazione sociale che causò l’allontanamento degli impianti dai centri abitati che, tra l’altro, avevano necessità di flussi d’acqua costanti.
Le prime notizie documentali sulle concerie di Fontanasecca risalgono ad un atto di compravendita redatto il 3 febbraio 1557 in cui in cui magister Francesco Vianisi di Palazzolo e la moglie Genua vendono a mastro Blandano de Ruella “quandam conciariam sitam et positam in contr. di Fontanasicca confinante ab uno latere cum conciaria ven.li sac. dom.
Peri de Ferula et ab alio cum conciaria magistri Jo. Bartolomei de Pactis”.
Il compratore, si assumeva l’obbligo di pagare l’imposta dovuta al barone.
Nel corso dei secoli la proprietà delle concerie fece riferimento a poche famiglie palazzolesi tra cui: i Legisto, i Traina, i Cannarella ed i Farina. Alcune di queste tuttavia, già nel corso del XVII secolo, riuscirono ad emanciparsi, affittando i loro impianti da cui ricavavano una rendita annuale.
A partire dalla seconda metà del Seicento anche la Chiesa dell’Annunziata cominciò ad esercitare dei diritti su una conceria, probabilmente a seguito di un legato testamentario dei Legisto.
Nel 1852 nuove famiglie risultano ormai gestire le concerie di Fontanasecca: i Portuese, i Gallo ed i Buccheri.
La concia delle pelli era un processo molto lungo, che poteva richiedere anche diversi mesi, suddiviso in varie fasi: salatura, rinverdimento, calcinazione, scarnatura, purga (o macerazione), concia e rifinitura. Nella fase della concia veniva utilizzato il sommacco.
Quello siciliano, che è il migliore, contenendo il 23-36% di tannino, fino allo scorso secolo veniva ampiamente coltivato nei terreni aridi e collinari degli iblei.
La raccolta si faceva tra luglio e settembre, tagliando i rami dell’annata e seccandoli al sole, poi battendoli per staccarne le foglioline, che dopo la macinatura, venivano messe in commercio generalmente in polvere.
Dopo il processo di concia le pelli venivano montate su un telaio in legno, stirate e con un apposito attrezzo metallico chiamato “lunetta”, trattate con allume di rocca o con olio di cervello.
Le pelli dopo la conciatura venivano infine consegnate ai cosiddetti “corviseri”, che erano gli artigiani che realizzavano il prodotto finito: scarpe, stivali, guanti, giubbe etc. Palazzolo, anche per essere un rinomato centro di allevamento del bestiame, doveva rappresentare un importante centro di produzione dato che nel rivelo del 1548 risultano esercitare tale attività ben 21 famiglie. Nel Seicento una strada dell’antico abitato, nei pressi della piazza pubblica (oggi piazza Umberto), prendeva il nome proprio da questa maestranza la “strada de li corviseri”.
Le concerie di Palazzolo sono visitabili su prenotazione contattando il numero: 320.7513014
Riferimenti bibliografici:
C. ALLEGRA, Le concerie di Fontanasecca, in: L’alta valle dell’Anapo, Noto, 1988
L. LOMBARDO, Le concerie di Palazzolo (sec. XV-XIX), in: “Istituto studi acrensi”, IV, 2005-2013
T. GRIMALDI, I palazzolesi del 1548 e del 1607, in: “Istituto studi acrensi”, III, 1996-2004
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