MENU
Articoli in evidenza
-

Noto: l’eremo di San Corrado

di Marco Monterosso
san corrado

Proveniente da una ricca famiglia del piacentino Corrado Confalonieri nacque nel 1290 a Calendasco. Già adulto e ammogliato, a seguito di un incidente di caccia, da lui causato ma per il quale era stato incolpato un innocente, fu attraversato da una profonda crisi religiosa

Fu così che dopo aver pagato i danni causati e aver ceduto i suoi averi restanti ai poveri, scelse di vestire l’abito dei Terziari Francescani mentre la moglie Giovanna indossò quello delle Clarisse.

Ritiratosi per parecchi anni nell’ospedale per pellegrini di Calendasco, dopo aver condotto un pellegrinaggio a Roma, percorse l’intera penisola finché non giunse a Noto attorno al1340. Qui si legò in stretta amicizia con Guglielmo Buccheri, che la tradizione vuole fosse uno scudiero di Federico II d’Aragona, anch’egli eremita in quei luoghi.

Corrado fu dapprima ospitato da Buccheri in un quartiere isolato nei pressi della Chiesa del Crocifisso, ma dopo circa due anni, essendo il suo eremitaggio compromesso dalle sempre più numerose richieste di preghiere e consigli che gli venivano rivolti, si trasferì in una grotta nella Cava dei Pizzoni, a circa 5 km dalla città di Noto.

In quei luoghi Corrado fece diversi miracoli, tra cui il più famoso rimane quello cosiddetto “dei Pani”, durante la carestia provocata da un terribile epidemia di peste che imperversò nell’Isola tra il 1348 e il 1349. In quel periodo, infatti, chiunque si rivolgeva con fiducia a Corrado, non tornava a casa senza un pane caldo, che si diceva fosse “impastato dalle mani degli Angeli”.

Corrado morì nella sua grotta, in fama di santità, il 19 febbraio 1351, mentre si trovava in ginocchio, in preghiera e con gli occhi al cielo.

Si racconta che rimase in quella posizione anche dopo la morte, mentre una luce accecante avvolgeva la grotta dei Pizzoni. Una lapide in volgare siciliano ricorda in questo modo gli ultimi istanti di vita dell’eremita:

Noto: l’eremo di San Corrado“In ginuchuni et alzau lu capu a deu et dissi omnipotenti deu arricomanduti l’anima mea et di omni creatura et liberami signuri da li manu di lu dimoniu.

ki eu non vaja a vidiri li nimichi li quali si tormentanu a lu infernu. o signuri stendi la tua manu et dammi ajutu. et supra di illu fu grandi luchi lu beatu homo rindiu lu spiritu a deu”.

Sin da subito il vescovo di Siracusa, che aveva assistito personalmente al miracolo dei pani, avviò le procedure per la sua elevazione agli altari ma cause legate ad eventi politici e civili, impedirono di raggiungere l’obbiettivo.

Il processo canonico riprese nel corso del XV secolo ma si concluse positivamente solo nel 1515 quando Corrado fu beatificato da papa Leone X.

La canonizzazione dell’eremita, anche se non rimane oggi nessuna traccia visibile, portò probabilmente alla costruzione di un primo eremo, intitolato a Maria e Gesù, andato distrutto dal terremoto del 1693.

(Centro Regionale per l’Inventario e la Catalogazione della Regione Sicilia, 1991)

Noto: l’eremo di San Corrado

La costruzione del complesso che vediamo oggi risale invece al 1751, come riporta una lapide apposta sul prospetto esterno sopra il portale principale: “f.aloysius belleri papiensis et f.gulielmus spadaro netinus d. conradi in hoc eremo vitam  aemulumentus templum ac coenobium collecta fidelium stipe aedificaverunt anno reparatae salutis mdccli “.

Da un’altra lapide, ubicata all’interno della chiesa sulla porta d’ingresso principale, sappiamo invece che la consacrazione dell’edificio risale al 1759: “Con solenne rito consacrò questo tempio prezioso per la morte di S. Corrado, ed eretto allo stesso Santo Patrono principale della città di Noto, unto col sacro Crisma Il 5 Novembre 1759”.

All’antico titolo di Gesù e Maria venne aggiunto quello di San Corrado, mentre all’eremo inferiore, unito alla chiesa, si volle dare il nome di “Sacro Ritiro”, con riferimento agli eremiti che vi abitavano, custodendo il luogo sacro.

Oggi il complesso comprende l’insieme degli ipogei rupestri, la chiesa intitolata a San Corrado e l’omonimo complesso monastico.

“La chiesa si distingue per la ricchezza decorativa che caratterizza la facciata, espressione dell’architettura tardo barocca netina.

Noto: l’eremo di San CorradoSuddivisa in due ordini, separati da un fregio, la facciata termina con un’edicola sormontata da una cornice decorata con volute e motivi floreali.

All’interno si compone di uno spazio unitario a pianta quadrata, originariamente decorato con stucchi indorati realizzati alla fine dell’Ottocento poi rimaneggiati e sostituiti da un nuovo apparato decorativo realizzato nel 1921.

Il pavimento venne completato nel 1895, come ricorda la data incisa in prossimità della porta d’ingresso.

Al suo interno custodisce una statua marmorea del santo, oltre ad una tela della Madonna col Bambino datata 1759 e ad una pala di Sebastiano Conca raffigurante San Corrado anch’essa del 1759”. (M. Recupero, Catalogo generale dei Beni Culturali, 2021)

Il valore simbolico e religioso del luogo, tuttora meta di pellegrinaggio, si lega alle festività religiose dedicate al Santo che si celebrano ogni anno il 19 febbraio.

Ogni dieci anni l’arca argentea contenente le spoglie del Santo, conservata all’interno della cattedrale di San Nicolò, viene portata a spalla dai fedeli durante la notte fino all’eremo, per poi far ritorno all’alba in cattedrale.

di Marco Monterosso

 

© E' VIETATA LA RIPRODUZIONE - TUTTI I DIRITTI RISERVATI