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Parchi archeologici siciliani, un “sistema” ancora in rodaggio

di Marco Monterosso
Parchi archeologici siciliani, un “sistema” ancora in rodaggio

Due sono nel Siracusano: quello della Neapolis, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai e quello di Leontinoi

Tra il 2018 e il 2019 i siti archeologici siciliani sono stati raggruppati in 13 parchi che, assieme a quello della Valle dei templi (istituito nel 2000), compongono il cosiddetto “sistema dei parchi archeologici siciliani”.

Un modello che, come indicato nel sito istituzionale dedicato ai parchi, nasce “nella prospettiva della costruzione di un piano strategico di sviluppo regionale del settore”.

I parchi sarebbero dunque la soluzione al problema della mala gestione dei nostri siti archeologici, spesso poco valorizzati o semplicemente chiusi, in alcuni casi letteralmente abbandonati all’incuria.

In realtà quella dell’istituzione dei parchi è una storia lunga e travagliata, sintomatica di un apparato di tutela e valorizzazione che, al di là di roboanti dichiarazioni d’intenti, fatica ancora a ricoprire il ruolo di asset strategico della nostra regione.

Fatica dovuta ad una serie di fattori concomitanti che, praticamente da sempre, incombono come macigni sulla complessa gestione dei beni culturali siciliani e che nel 2017, spinsero il procuratore generale Pino Zingale a parlare di assenza di “una consapevole progettualità gestoria” e di “uso distorto delle politiche assunzionali”.

La schizofrenica attività normativa dei decisori politici fa infatti il paio non solo con la ristrettezza dei fondi a disposizione – “passati dai 500 milioni stanziati nel 2009 ai soli 10 milioni degli ultimi anni” – ma anche con la mancanza di personale, tra cui soprattutto tecnici (archeologi, demoetnoantropologi, restauratori, etc.) e custodi.

Ma davvero i parchi risolleveranno un settore così importante per la nostra cultura e per la nostra economia ? E come si arriva alla loro istituzione ed a un modello di gestione dei Beni culturali. coordinato da un dipartimento regionale composto da ben 43 “servizi” molti dei quali dotati di autonomia “organizzativa, amministrativa e finanziaria” ?

La prima disposizione relativa all’introduzione in Sicilia di “un sistema di parchi archeologici” risale ad oltre trent’anni fa e la si ritrova all’interno di una legge (l.r. 25/1993) che si occupava di “cantieri di lavoro per disoccupati e di interventi nel settore abitativo, manifatturiero, delle pubbliche amministrazioni, dell’agricoltura e dei trasporti”.

La parte relativa ai parchi archeologici, rimasta nel cassetto e priva di attuazione, nel 2000 fu abrogata da una nuova legge (l.r. 20/2000) che, oltre a istituire il parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, può considerarsi “la prima completa disciplina regionale in materia di siti archeologici”.

Tra le più importanti novità introdotte rientrava certamente “l’autonomia scientifica e di ricerca, organizzativa, amministrativa e finanziaria” riconosciuta ai parchi in via di istituzione e il forte ruolo assegnato al direttore che, coadiuvato da un comitato tecnico-scientifico con funzioni consultive, assumeva in ultima istanza “la responsabilità generale della gestione del parco”.

La legge prevedeva, entro 180 giorni, di individuare i siti da costituire in parchi ma, nonostante un decreto dell’anno successivo in tal senso, per vederli nascere bisognerà aspettare ben 18 anni quando finalmente, su iniziativa di Sebastiano Tusa, divenuto assessore ai Beni Culturali vennero istituiti i primi parchi.

La prematura morte di Tusa in un incidente aereo nel 2019, non bloccò l’iter istitutivo che fu completato dal presidente della regione, assessore ad interim.

Poco dopo con un atto amministrativo, la giunta regionale ha di fatto trasformato i parchi archeologici in “mega servizi del dipartimento regionale dei BB.CC. attribuendogli competenze su tutti i musei regionali, piccoli e grandi e su tutte le aree archeologiche demaniali sottoposte alla tutela delle soprintendenze”

Parchi archeologici siciliani, un “sistema” ancora in rodaggio

Oggi il cosiddetto “sistema”, dopo qualche rimaneggiamento territoriale e alcuni accorpamenti, comprende 14 parchi tra cui due nel Siracusano.

Quello di Siracusa gestisce: l’area archeologica della Neapolis, il Museo Paolo Orsi, il Castello Eurialo, il Ginnasio Romano e il Tempio di Giove, nel territorio di Palazzolo Acreide: l’area archeologica di Akrai e il Museo di Palazzo Cappellani, a Noto: la Villa del Tellaro e l’area archeologica di Eloro, nei territori dei comuni di Sortino e Ferla: la Necropoli di Pantalica.

Un parco con sede a Lentini gestisce invece il sito archeologico di Leontinoi, il museo archeologico, l’area di Monte San Basilio e il sito di Megara Hyblaea, nel territorio di Augusta.

Parchi archeologici siciliani, un “sistema” ancora in rodaggio

Viste le evidenti criticità riscontrabili visitando alcuni siti archeologici come quello di Megara Iblea, cui abbiamo dedicato un precedente articolo, a voler essere generosi, possiamo dire che il sistema dei parchi necessita probabilmente ancora di diversi anni di rodaggio.

Una attenzione bipartisan e slegata da logiche clientelari da parte della politica regionale e il contributo di una nuova generazione di professionisti dei Beni culturali dotati di competenze multidisciplinari e al passo con i tempi, potrebbero contribuire ad avviare un processo virtuoso.

Nonostante le sempre minori risorse a disposizione i dati provenienti dal parco della Valle dei templi, l’unico in grado di dimostrare il successo del modello sul lungo periodo, sembrano abbastanza incoraggianti. Speriamo bene!

Immagini tratte da https://parchiarcheologici.regione.sicilia.it/

 

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