Ragazze attirate in Italia con l’inganno e costrette a prostituirsi
Tratta di esseri umani a fine di sfruttamento sessuale e riduzione in schiavitù: questi i reati contestati a 4 persone nigeriane raggiunte da misure cautelari eseguite il 3 agosto dalla Squadra mobile di Siracusa in collaborazione con l’Ufficio di Polizia di Frontiera di Malpensa su delega della Dda.
I reati contestati sono pluriaggravati dall’aver agito anche in danno di minori, dall’aver esposto le persone ad un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica.
L’indagine nasce dall’identificazione a Siracusa, da parte degli agenti di una Volante, di una giovanissima ragazza nigeriana, Ella (nome di fantasia), appena fuggita dall’abitazione della propria madame, che, dopo averla sottoposta al rito Ju-Ju, l’aveva trasferita in Italia, attirandola con la falsa promessa di un lavoro lecito ma che invece, l’aveva costretta a prostituirsi, utilizzando anche la violenza al rifiuto opposto dalla ragazza.
Da qui viene avviata l’indagine tradizionale e tecnica sulla tratta di esseri umani che consente di acquisire elementi non solo in relazione alla vicenda di Ella ma anche di un’altra giovane ragazza, trasferita dalla stessa madame dalla Nigeria all’Italia, con modalità analoghe e di altre 12 ragazze.
Vengono identificati altri due nigeriani che fanno prostituire giovani connazionali, ma su diversi territori e in ottimi rapporti con la madame. I due gestivano anch’essi una giovane connazionale, attirata in Italia con l’inganno e poi costretta a dover ripagare con i proventi della prostituzione il debito di ingaggio dietro la minaccia continua del rito Ju-Ju cui era stata sottoposta prima di partire per l’Europa.
Tutti i soggetti destinatari della misura cautelare per tratta di esseri umani e prostituzione, secondo quanto accertato, intrattenevano contatti con connazionali all’estero, in Nigeria e in Libia, così da poter seguire a distanza tutte le fasi del trafficking: dal reclutamento alla sottoposizione a JuJu, dalla partenza dalla Nigeria all’arrivo in Libia e così via.
Uno degli indagati, inoltre, si occupava di intermediazione finanziaria, consentendo a terze persone, a fronte del pagamento di commissioni, il trasferimento di fondi all’estero, anche mediante rapporti fiduciari di tipo compensativo con corrispondenti esteri che provvedevano ad erogare al destinatario in Nigeria una somma equivalente a quella consegnata in Italia ma in valuta nigeriana, senza passare così attraverso i canali bancari e finanziari ufficiali e in elusione delle disposizioni di legge che regolamentano tali operazioni.
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