“Sono luoghi sacri – dichiara Garozzo – che vanno curati e sistemati in ambienti adeguati alla loro importanza”
“Una delle cose che più mi ha colpito in questi giorni di incontri e confronti sono state le parole di alcuni siracusani – giovani e meno giovani insieme – che mi hanno parlato dello stato delle biblioteche siracusane.
A dirlo è il candidato sindaco di Siracusa del Polo civico, Giancarlo Garozzo.
“Mi hanno parlato di condizioni fatiscenti dei luoghi che, oltre a non rispettare la stessa dignità di chi vi lavora, stanno piano piano rovinando le importanti raccolte librarie acquisite con tanta pazienza e passione negli anni.
Da quella di Santa Lucia a quella di Grottasanta, fino a quella di via dei Santi Coronati, mi hanno parlato di umidità, di mancanza d’acqua nei servizi, di infissi ormai deteriorati dal tempo.
Una città che vuole ambire a diventare Capitale della cultura deve avere la capacità di tutelare l’intero suo patrimonio.
Le biblioteche sono luoghi sacri che vanno curati e sistemati in ambienti adeguati alla loro importanza.
È troppo semplice affidarsi ad una cultura di facciata buona soltanto per ripetere quanto siamo belli e quanta storia dietro di noi.
Qui ci sono giovani e tantissimi siracusani che sono affamati di cultura e le biblioteche rappresentano – in un tutt’uno – storia, presente e futuro per le nuove generazioni.
Un buon amministratore a questo guarda. Dettagli che – in una programmazione seria – trasferiscano le biblioteche in immobili chiusi, ma a disposizione, visti gli affitti comunque pagati, del Comune.
Così come un buon amministratore non decide di mettere prima in vendita, salvo poi annullare l’asta, la biblioteca in Ortigia.
Si investa su quel luogo, si facciano lavori per ristrutturare i luoghi e mettere nelle condizioni di tutela le preziose raccolte custodite.
Quando nel nostro programma parliamo di cultura lo facciamo con una visione completa, dove il cittadino torna ad essere il protagonista di una crescita costante e adeguata al patrimonio di storia che completa il nostro Dna. Solo in questo modo potremo dirci città della cultura”.
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